[FINCANTIERI- SESTRI] L’ACCORDO NON DEVE PASSARE!!!
L’accordo siglato lo
scorso 5 Aprile tra parti sindacali e padronali, per il cantiere di Sestri, è l’ennesimo
attacco sferrato contro il movimento operaio. La riproposizione di questo
accordo, dopo Castellammare (anche se non dimentichiamo il 32% dei NO), sarà
esteso nel resto degli stabilimenti che, come Sestri ed Ancona, non hanno più
missioni produttive nei prossimi mesi.
Dalle dichiarazioni a
mezzo stampa, tutti gli attori di questo accordo si dichiarano entusiasti e si autoproclamano
vincitori della sventata chiusura. Entusiastiche sono le
parole espresse dall’amministratore delegato Giuseppe Bono, che dichiara: «Siamo
estremamente soddisfatti per l’accordo firmato oggi, che segue quello
recentemente raggiunto per il sito di Castellammare di Stabia (...) Crediamo
che questo accordo costituisca un fattore significativo per il recupero di competitività del comparto cantieristico
e potrà rappresentare un modello per tutti gli altri stabilimenti del gruppo e
per l’industria italiana in generale »[1]
(il corsivo è nostro) e se è estremamente soddisfatto il padrone, figuriamoci i
suoi servi come il Nostradamus della Uilm, Antonio Apa, che, dalla sua sfera di
cristallo profetizza:<<L’intesa raggiunta con Fincantieri mette definitivamente in sicurezza il cantiere
di Sestri Ponente>>[2]; carico d’orgoglio anche il segretario nazionale
Fim-Cisl quando afferma:«è significativo il fatto che dopo Castellamare
anche a Sestri un altro accordo locale
abbia permesso la gestione della risoluzione delle problematiche legate ai
cantieri»[3],
accordi locali che soppiantano la contrattazione nazionale e favoreggiano la
politica padronale caso per caso, volta proprio ad accettare i ricatti e dividere
le stesse vertenze e gli stessi lavoratori.
E la FIOM? Qualcuno penserà: se la dirigenza Fincantieri mette sul
tavolo esuberi per 210 unità, flessibilità
sugli orari plurisettimanali (dal lunedì al sabato) che prevedono un aumento
delle ore di lavoro senza alcun pagamento degli straordinari, tutto in cambio
di una commessa di medie dimensioni, fra l’altro solo ipotizzata ed accostata dalle
indiscrezioni all’armatore statunitense Regent, appunto solo considerate tutte
queste ragioni, la FIOM avrebbe dovuto 1) rifiutare l’accordo e 2) condurre gli
operai verso uno sciopero ad oltranza fino a quando non si avrebbero avuti netti miglioramenti oggettivi per tutti i lavoratori Fincantieri ed Indotto.
Invece no. La burocrazia FIOM, formata da aristocrazie operaie che vivono sulle
spalle dei propri iscritti, ha ceduto, dopo Castellammare, ancora una volta
alle richieste dei padroni, in sintonia con gli altri sindacati gialli. Le
dichiarazioni del segretario Manganaro (Fiom) discordano completamente con la
realtà, egli sostiene: «questa è una vittoria
dei lavoratori. Quando si temeva la chiusura del cantiere hanno tenuto duro
e si sono tirati dietro l’intera città. Ora torna una nave a dare lavoro per
almeno due anni»[4] . Ma da
quando si definiscono “vittorie” le espulsioni dal ciclo produttivo di
centinaia di lavoratori? Da quando si barattano i diritti ed i salari dei
lavoratori con la sopravvivenza degli utili dei capitalisti? Da quando si
accetta la forma del ricatto imposte dalle parti padronali, forse un Bono è
diverso da un Marchionne? Tutte queste domande non le poniamo ai signori
burocrati che da tempo hanno disabituato i lavoratori alla lotta di classe,
alla radicalità delle rivendicazioni ed al potere decisionale operaio, ma a
tutti quei lavoratori Fincantieri che martedì 9 Aprile si esprimeranno sull’accordo.
Nei confronti di questi ultimi, il Partito Comunista dei Lavoratori, l’unico
partito della sinistra rivoluzionaria schierata incondizionatamente dalla parte
dei lavoratori, propone:
-Il rifiuto dell’accordo siglato fra sindacati e dirigenza Fincantieri;
-Contro l’unione delle burocrazie sindacali si costruisca l’unione e la
tutela di tutti i lavoratori Fincantieri ed Indotto;
-La ripartizione del lavoro esistente fra TUTTI i lavoratori a parità di
orario e di salario attraverso “la scala mobile dell’orario di lavoro”;
-La formazione di un grande fronte unico di lotta di tutte le
vertenze in crisi (Fiat, Alcoa, Ilva, Fincantieri, Ikea, ecc.) che porti alla
costruzione di una grande mobilitazione generale contro le misure di tagli e sacrifici.
-
Solo scioperi, assemblee partecipative ed occupazioni possono marcare una linea di difesa contro l’offensiva padronale. Solo la lotta
dura paga!
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Partito Comunista dei Lavoratori - Napoli
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