mercoledì 19 febbraio 2014

SOSTENIAMO LA LOTTA DEI LAVORATORI SOCIALMENTE UTILI DELLE SCUOLE, SUPPORTIAMO LE LORO “OCCUPAZIONI”!




Il Partito Comunista dei Lavoratori di Napoli esprime la propria totale solidarietà ai lavoratori socialmente utili che ieri mattina hanno intrapreso una dura lotta a salvaguardia del proprio posto di lavoro messo sempre più a rischio dalle continue politiche di tagli a firma ministeriale.
Già nelle scorse settimane alcuni LSU della scuola, in particolare personale addetto alla pulizia degli istituti, avevano presidiato gli uffici del “direttore dell’ufficio regionale scolastico”, Diego Bouché. Da inizio settimana gli LSU degli istituti scolastici di Napoli e provincia sono passati all’occupazione degli istituti stessi. Da Pianura a Soccavo, da Ponticelli a Fuorigrotta, in gran parte del capoluogo campano i cancelli delle scuole di ogni ordine e grado sono rimasti chiusi, sbarrati dai lavoratori rinchiusisi all’interno. E in provincia la situazione non è stata meno “calda”: istituti occupati dai lavoratori a Marano, Giugliano, Quarto, Marigliano e decine di altri comuni sparsi in tutta la provincia. A Pomigliano d’Arco alcuni LSU sono anche saliti sul tetto della scuola elementare del I° Circolo Didattico Grasso, stazionandovi per diverse ore.
Gli oltre 5000 LSU della scuola (e noi con loro!) ritengono inaccettabile il taglio al 50% del monte ore (da 36 a 18 ore settimanali) degli addetti alle pulizie degli istituti scolastici con il conseguente taglio del 50%, da 800€ a 400€, del già misero stipendio. Per i lavoratori che non accettano tali riduzioni, di ore lavorative e di salario, è previsto il mancato rinnovo del contratto in scadenza il 28 febbraio, in pratica il licenziamento (alla Marchionne)!
Il Partito Comunista dei Lavoratori di Napoli è al fianco dei lavoratori socialmente utili in rivolta in tutta la provincia e li supporta con i propri giovani militanti, studenti in diversi istituti coinvolti nella protesta , che già ieri hanno solidarizzato con gli occupanti delle scuole e sostenuto le loro azioni di lotta.
Il PCL esorta altresì il corpo studentesco (nei casi delle scuole medie superiori) e il corpo docente dei vari istituti ad unirsi ai lavoratori in lotta, perché quest’ultima prosegua ad oltranza per rimandare al mittente ogni minaccia di tagli e licenziamenti.

PCL Napoli – sez. Rosa Luxemburg



sabato 15 febbraio 2014

FACCIAMO PAGARE I DEBITI AL PADRONE



A pochi mesi di distanza il padrone DEMA ritorna all’attacco con l’annuncio di 100 licenziamenti.
Avevamo già previsto la chiara strategia dell’azienda nei volantinaggi diffusi dal nostro partito nel Maggio 2013: applicare il piano Marchionne anche all’indotto Alenia. In sostanza: fine della contrattazione nazionale, salari ribassati, precarizzazione del lavoro. Questo è il piano industriale del padronato al di là delle specificità dell’azienda.
L’attacco è chiaro ed è lo stesso in molte fabbriche d’Italia: Fiat, Indesit, Electrolux, Ansaldo, ecc.
L’obiettivo è aumentare i profitti dell’azienda a scapito dei salari dei lavoratori dividendoli, ricattandoli in modo da non trovare resistenze. Pur di non pagare di tasca propria i debiti contratti dalla DEMA con le banche, in coerenza con le strategie padronali, l’azienda tenta di scaricarli sui lavoratori. Il padrone, però, fa male i suoi conti. Sulla pelle dei lavoratori non si fanno profitti! I dirigenti attuali si sono dimostrati irrimediabilmente degli incapaci, ma siano essi “bravi” o meno, l’obiettivo dei lavoratori è quello di unirsi a quelli di Alenia in Finmeccanica, in modo da avere maggiore forza contrattuale e non doversi ritrovare poi, in futuro, sotto il ricatto di un nuovo padrone. Tutti i lavoratori del gruppo DEMA, non solo a Somma o a Pomigliano, devono lottare uniti contro l’attacco ricevuto.

E’ positivo che i lavoratori abbiano costituito un Comitato di Sciopero (Collettivo dei lavoratori), per gestire direttamente la lotta e la trattativa col padrone, nella migliore tradizione di lotta del movimento operaio.
Possiamo e dobbiamo vincere, come avvenuto a Genova per i Tranvieri, che hanno bloccato per giorni la città scongiurando i licenziamenti, e come sta avvenendo alla Electrolux, dove l’occupazione delle fabbriche ha bloccato lo spostamento della produzione.
Serve andare in RAI, dalle istituzioni, da Santoro? Altri operai di fabbriche in crisi, negli ultimi anni, hanno ricercato visibilità mediatica, pensando di poter risolvere il problema bypassando la lotta. Risultato? Hanno perso, perché non hanno avuto fiducia nelle proprie forze a causa delle illusioni seminate dalle burocrazie sindacali.
LO SCIOPERO E’ L’UNICO STRUMENTO UTILE PER VINCERE!
LA BATTAGLIA SARA’ VINTA SE I LAVORATORI UNITI LOTTERANNO DETERMINATI FINO A:
- Immediato ritiro di tutti i licenziamenti. Nessun posto di lavoro vada perduto
- Passaggio della DEMA S.p.A. in Finmeccanica
LA FABBRICA NON E’ DEI PADRONI, MA DEI LAVORATORI! NON SONO LORO AD AVER BISOGNO DEI PADRONI, MA AL CONTRARIO SONO I PADRONI A NECESSITARE DEGLI OPERAI!
L’UNICO LICENZIAMENTO CHE ACCETTEREMO E’ QUELLO DEI DIRIGENTI DEMA!

Pcl-Napoli   Sez. Rosa Luxemburg

giovedì 13 febbraio 2014

"La lotta non può fermarsi qui perché restano irrisolti molti problemi".

Parole purtroppo profetiche quelle del volantino diffuso dal nostro partito in occasione della lotta del maggio scorso.
Allora ci vollero due giorni di sciopero con picchetti per respingere l'attacco della Dema che minacciava 41 licenziamenti e non pagava regolarmente i salari.

Oggi l'azienda torna all'attacco con l'annuncio di voler licenziare 61 lavoratori di Somma e di Pomigliano senza se e senza ma. "Non mi interessano le leggi, io vado avanti e decido come licenziare nell'interesse dell'azienda". Queste le parole arroganti del rappresentante della Dema. A pagare ancora una volta le scelte miopi dell'azienda, che da sempre antepone la difesa dei profitti ai bisogni dei lavoratori, sono gli operai, a partire da quelli pagati di meno (IV e V livelli) ed i precari assunti a tempo determinato.


La Dema non è una "piccola boita" che rischia la chiusura, ma un'azienda che lavora per l'Alenia (gruppo Finmeccanica),e  che vuole garantire i suoi profitti tagliando posti di lavoro e, quindi, i salari.

Si tratta di un attacco che si inscrive pienamente in quello più generale del padronato che vuol far pagare la crisi ai lavoratori, in pieno stile "Marchionne", eliminando ogni regola contrattuale, mettendo gli operai gli uni contro gli altri, quelli "stabili" contro quelli precari.
Bisogna rispondere uniti con una lotta durissima e determinata  



NO AI LICENZIAMENTI SENZA SE E SENZA MA!


sabato 8 febbraio 2014

Esplode la lotta di classe nei paesi della ex Jugoslavia.







A Tuzla, una città industriale al nord della Bosnia, che impegna 1/3 della popolazione del luogo, migliaia di manifestanti stanno protestando contro la disoccupazione, le difficili condizioni salariali delle masse popolari e la chiusura di alcune fabbriche della città, che furono di proprietà statale e che i padroni hanno comprato a basso costo per poi rivendere le loro partecipazioni, smettere di pagare i salari e dichiarare fallimento. La mobilitazione è stata la risposta dei lavoratori alla privatizzazione della grande industria di Tuzla (come Konjuh, Polihem, Dita, Resod-Guming), la più grande risorsa per la città e per la sua popolazione.
Alla richiesta di un tavolo istituzionale da parte degli operai, il governo si è rifiutato di ricevere i lavoratori, che chiedevano garanzie circa il mantenimento di tutti i posti di lavoro, il risarcimento dei fondi pensione versati negli anni e dei contributi sanitari.

La risposta operaia non si è fatta attendere. I lavoratori hanno prima tentato di assaltare il palazzo governativo cantonale, prendendolo anche a sassate e poi hanno bloccato le strade della città, come risposta immediata, spontanea all’attacco ricevuto. Pronto è arrivato l’attacco militare dei mercenari al servizio del capitale. Circa 70 persone sono rimaste ferite e circa 30 sono state arrestate.
Il giorno seguente questo grande atto di protagonismo, la lotta operaia ha visto la solidarietà di vasti settori delle masse popolari, che ha trasformato la protesta vertenziale dei due stabilimenti in una più grande mobilitazione di classe contro le difficili condizioni di vita del proletariato bosniaco, a dimostrazione che attorno alle sue rivendicazioni la classe operaia può mobilitare i più larghi settori di masse proletarizzate.
Infatti, alla lotta nella città di Tuzla sono seguite manifestazioni spontanee in molte altre città, come a Sarajevo dove ci sono stati tentativi di assalto ai palazzi istituzionali.
Si tratta della prima protesta unita dei lavoratori dalla fine della guerra nella Bosnia-Erzegovina, che mostra come la classe operaia dell'ex Jugoslavia, sia riuscita a superare le false divisioni derivanti dagli odi etnici provocati dal conflitto imperialista.

                         

Il diffondersi sul piano internazionale di rivolte di classe è il chiaro segnale di una ripresa dello scontro sul piano globale tra Capitale e Lavoro.
Mentre una parte della sinistra in Europa insegue l’estrema destra nelle rivendicazioni interclassiste dell’uscita dall’Euro – e qualche anno fa sosteneva il governo imperialista di D’Alema che bombardava la ex Jugoslavia -, il movimento operaio dimostra ancora una volta tutto il suo potenziale ribellandosi alle politiche padronali al grido “Se ne vadano tutti! Morte al nazionalismo!”, lanciando un segnale inequivocabilmente di classe ed internazionalista.
Il punto è che queste lotte sono essenzialmente spontanee, non hanno una direzione politica rivoluzionaria.
Per questo motivo rifondare la IV Internazionale, quale Partito Comunista Mondiale dei lavoratori, si rende oggi una necessità storica non più rimandabile.


Viva la rivolta operaia di Tuzla!
Per un governo dei lavoratori in Bosnia, che espropri le fabbriche che licenziano e le metta sotto il controllo operaio!
Per gli Stati Uniti Socialisti d’Europa!
Rifondare la Quarta Internazionale!
Napoli, 07/02/2013

Partito Comunista dei Lavoratori
Sez. Napoli “Rosa Luxemburg”

mercoledì 5 febbraio 2014

Oggi le nostre bandiere sono a lutto, pagherete caro pagherete tutto!


Pino

Un altro operaio morto sul lavoro per mano dei padroni.Lo hanno suicidato, lo hanno portato in una condizione di non vedere altra via d’uscita che il suicidio. Giuseppe De Crescenzo è stato trovato impiccato nella sua casa di Afragola, lascia la moglie e due figli piccoli. La responsabilità di questa morte ricade sugli azionisti e dirigenti della Fiat-Chrysler con la complicità di quei
sindacalisti corrotti e asserviti al padrone. Dopo averlo sfruttato per anni, dopo averlo emarginato nel reparto confino di Nola e fatto capire che non sarebbe più rientrato in fabbrica, i padroni si sono presi anche la sua vita. Pino era un attivista sindacale dello Slai Cobas un Compagno sempre presente nelle battaglie per i diritti dei lavoratori anche di quelli che oggi sono rientrati in fabbrica e che hanno chinato la testa di fronte all’arroganza di Marchionne.Il gesto drammatico di Pino è un atto di accusa verso chi sta calpestando la dignità dei lavoratori, un gestodi chi vuol far capire in quali condizioni vive un lavoratore che si ritrova per anni in cassa integrazione.Pino si era separato, ma anche questa separazione era frutto delle politiche criminali che i padroni stanno attuando verso i lavoratori. La sua vita man mano si distrugge e così anche i sui affetti, fino all’epilogo più tragico.I conti non tornano, troppi morti nelle file dei proletari e nessun borghese che paghi. Ma noi non dimentichiamo e non dimenticheremo.Ciao Pino per noi non sei morto, chi ha Compagni non muore mai.
Partito Comunista dei Lavoratori – Napoli
Sez. Rosa Luxemburg

martedì 4 febbraio 2014

IL MINISTRO CAROZZA “SPERIMENTA”, NOI LOTTIAMO!



Un altro colpo nell’implacabile percorso di distruzione della scuola pubblica, perseguito con accanimento e con strategico accerchiamento da governi di ogni colore politico nel corso degli ultimi anni, sta per essere messo a segno. Fare cassa sulla scuola è uno degli obiettivi che il capitalismo, oramai alla bancarotta, ha imposto al nostro Paese. Tagliati migliaia di posti di lavoro e saperi, accorpati istituti creando mostri amministrativi ed ambienti anti-didattici, procrastinati i termini delle pensioni alla vecchiaia inoltrata, bloccati a tempo indeterminato gli scatti stipendiali ogni sette anni (l’unica forma parzialissima ed assolutamente insufficiente di recupero del potere d’acquisto dei già miserrimi salari), bloccato il Contratto, il governo delle “larghe intese” ha riscoperto la mai sopita tentazione di un ulteriore giro di vite al processo di demolizione della scuola pubblica.


Così il ministro Carrozza ha autorizzato la “sperimentazione” di un percorso liceale ridotto da 5 a 4 anni presso il Liceo Internazionale per l’Impresa “Guido Carli” di Brescia già annunciando che “si tratta di un’esperienza che dovrebbe diventare un modello in tutta Italia anche per la scuola pubblica”. “Ce lo chiede l’Europa”! Solo che questa volta c’è il non trascurabile dettaglio che al di la del refrain ricorrente succitato, il nostro Paese è quello che ha più disinvestito in questi anni di crisi sul sistema di istruzione e formazione rispetto ad altre nazioni dell’UE, oltre al fatto che il ritornello di cui sopra non corrisponde alla realtà. Il percorso formativo degli studenti della stragrande maggioranza degli istituti superiori termina a 19 anni in Bulgaria, Danimarca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia, Germania, Repubblica Ceca, Lussemburgo e Romania.
Secondo stime approssimative (ed ottimistiche…) si calcola che il taglio di un anno del percorso formativo ipotizzato comporterebbe la decurtazione di circa 40.000 cattedre che si andrebbero ad aggiungere alle decine di migliaia di posti di lavoro tagliati dalle compagini governative di questo ultimo ventennio.
Fanno il deserto e lo chiamano “riforma” citando Tacito. La verità nuda e cruda è che si vuole per l’ennesima volta fare cassa sulla scuola per pagare puntualmente l’obolo annuale a padroni e banchieri e che dietro la spoliazione dei servizi sociali, al di la dei soliti stucchevoli, ipocriti e bugiardi slogan di circostanza, c’è la volontà di assecondare gli appetiti di un capitalismo morente che non ha più nulla da dare ma ha solo da togliere.
Noi del Partito Comunista dei Lavoratori, che coerentemente e controcorrente si è da sempre opposto alla barbarie rappresentata dall’attacco alla scuola pubblica, invitiamo studenti, famiglie, insegnanti e personale non docente (precario e a tempo indeterminato) a mobilitarsi prima che sia troppo tardi!







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