Il “Grillismo” spiegato ai … grillini! Analisi di un “movimento”
reazionario
Il “Movimento Cinque Stelle” rappresenta uno dei
fenomeni a rilevanza di massa degli ultimi anni. Presentato come un insieme di
legittime aspirazioni derivanti dalla conseguenza del “marciume” della
politica, esso si configura come un’assoluta novità nel panorama politico
italiano e come un effettivo strumento “liberatore” dai corrotti, dagli schiavi
del sistema, dai ladri di stato, dal malaffare vagamente inteso ecc. La
professionalità e la grande capacità artistico-comunicativa di Beppe Grillo
agiscono da propulsore fondamentale e da catalizzatore mediatico per tutta una
serie di istanze a cui ,dal palco, il comico genovese trova (apparentemente)
sempre risposte e soluzioni adeguate (“via tutti!”). Il seguito di massa del
suo “Tsunami-Tour” è un dato di fatto e coglie ,nel contempo, un elemento
ineludibile: la totale assenza dei suoi eventuali interlocutori politici data
la scelta di questi di non misurarsi sul suo stesso terreno (eccezion fatta per
il centrosinistra a Milano). Beppe Grillo è, dunque, il “Movimento Cinque
Stelle” ma nulla di quanto si affermi e si pensi sulla natura continuamente
dichiarata di libera e aperta discussione al suo interno esiste realmente. Le
contraddizioni di un “movimento” che nasce e si sviluppa “libero” sono evidenti
e si tramutano anche nel farraginoso programma ultrapopulista che dovrebbe
rappresentare una carta d’identità precisa visti i consensi potenzialmente
ricevibili in termini elettorali ma che non va oltre un serio “cimitero di
buone intenzioni” dove trova posto tutto ed il contrario di tutto e dove questo
“tutto” manca anche dell’approfondimento di temi sociali legati al disastro
storico dell’oggi.
Alcuni punti
essenziali su quanto detto.
Il M5S si fonda
sulla semplice adesione al blog. Sulla condivisione del programma succitato e
su un’eticità che deve far risaltare il totale disinteresse per la “politica
sporca, per la disonestà nell’affare pubblico ecc”. Il blog è di totale
proprietà di Beppe Grillo ed il marchio risulta depositato; il milionario
genovese può quindi fare il brutto ed il cattivo tempo agendo addirittura su un
cosiddetto “non-statuto” (brevissimo tra l’altro proprio perché inutile) in cui
viene definita la stessa associazione come un qualcosa di distante e distinto
dai partiti “senza organismi direttivi o rappresentativi” e quindi senza alcun
reale dibattito interno, congressi, discussioni aperte, votazioni su assi
programmatiche ecc. Nulla di tutto questo: il “nuovo” movimento è soggetto solo
al volere di un uomo solo. Decide solo lui. Ovviamente non mancano nei
territori i soliti forum di discussione anche specifica su temi tra i più
disparati ma la base di fondo dell’intervento politico non viene minimamente
messa in discussione da tutto questo. Il bastone di comando appartiene solo
alla cerchia più ristretta di Grillo e questo alla faccia
dell’antipartitocrazia più sfacciata e propagandata degli ultimi anni. Viene da
chiedersi, constatando un minimo di analisi sociale ed economica, chi sia in
realtà il “gruppo” di Beppe Grillo e cosa ci sia dietro il suo movimento.
Grillo è guidato da anni dalla Casaleggio
Associati una delle più potenti aziende del ramo informatico oggi in
circolazione e soggetto gestore di vari siti d’informazione “libera” circolante
nella rete (Cado in piedi,Tze-Tze, Chiare lettere ecc..)
Ma per capire
meglio di cosa stiamo parlando è necessario svelare prima chi sono le figure
chiave della Casaleggio Associati oggi partendo da Enrico Sassoon, giornalista,
dal 1977 al 2003 nel gruppo Il Sole-24 Ore, già direttore responsabile de
L’Impresa-Rivista Italiana di Management, della rivista Impresa Ambiente e del
settimanale Mondo Economico. Dal suo curriculum pubblico apprendiamo anche che
«è stato direttore scientifico del gruppo Il Sole-24 Ore». Dal 1998 al 2006
Sassoon è stato amministratore delegato dell’American Chamber of Commerce in
Italy, di fatto una lobby indirizzata a favorire i rapporti commerciali delle
corporation americane in Italia. Nella Casaleggio Associati troviamo anche
forti legami con l’Aspen Insitute, un “think-tank” di tutto rispetto made in
USA. E l’Aspen Institute pesa, ovunque agisca. Luogo di incontro fra
intellettuali, economisti, politici, scienziati e imprese. Nell’Aspen transita
l’élite finanziaria italiana, che fa riferimento sia al centro-destra che al
centro-sinistra. Con quali finalità? «L’internazionalizzazione della leadership
imprenditoriale, politica e culturale del paese attraverso un libero confronto
tra idee e provenienze diverse per identificare e promuovere valori, conoscenze
e interessi comuni», si legge nella “mission” dell’istituto. E in che modo? «Il
“metodo Aspen” privilegia il confronto e il dibattito “a porte chiuse”,
favorisce le relazioni interpersonali e consente un effettivo aggiornamento dei
temi in discussione. Attorno al tavolo Aspen discutono leader del mondo
industriale, economico, finanziario, politico, sociale e culturale in
condizioni di assoluta riservatezza e di libertà espressiva». Che la stessa Aspen
abbia un ruolo più che rilevante nella Casaleggio Associati è fuori discussione
ma col movimento di Beppe Grillo cosa potrebbe portare come elemento di tanta
decantata novità per il futuro della classe lavoratrice italiana e per le masse
popolari del nostro paese accorse ad ascoltare il “verbo innovatore”
dell’ennesimo burattino dei poteri forti internazionali?
Perché quando si allacciano rapporti con tali
multinazionali (Casaleggio Associati) che hanno, a loro volta, rapporti con
soggetti come Enamics (al cui interno troviamo organismi come JP Morgan),
American Chamber of Commerce in Italy, Sole24 ore (quanti membri del passato
governo hanno avuto gli stessi rapporti?) di nuovo c’è solo il silenzio con cui
viene accolto tutto questo nei salotti che contano dell’alta finanza.
Date sommariamente
queste premesse, ne consegue appunto un “programma” per il M5S estremamente
variopinto, interclassista e profondamente retorico sui punti dedicati ai
grandi temi del nostro tempo. Grillo non dice assolutamente nulla sul dramma
del lavoro se non la sterile affermazione dell’abolizione della legge Biagi
(276/03) come se l’ultima riforma stessa dell’ex-ministra Fornero (quella
dell’abolizione dell’articolo 18 e dello smantellamento del contratto
nazionale) avesse portato solo benefici ai lavoratori italiani, non cita
nemmeno una volta gli esiti nefasti della controriforma pensionistica dello
stesso precedente governo (i disastri degli “esodati” non lo riguardano a
quanto pare), non menziona mai i dettami del “fiscal compact” e gli obblighi di
pagamento del debito legati alle grandi speculazioni finanziarie su cui i
colossi bancari mondiali hanno responsabilità enormi e non mette nemmeno per un
istante in discussione i rapporti di produzione-proprietà a riguardo della
necessità di nazionalizzare sotto controllo operaio le più grandi aziende che
oggi licenziano ed inquinano( ILVA, ALCOA, FIAT, ELECTROLUX, BENETTON ecc) se
non un minimo riferimento alla necessità di acquistare a “prezzo di costo”
tutta la dorsale telefonica in mano a Telecom Italia. Nel “programma” si
esprime per il contenimento delle tariffe ma anche per porre fine ai monopoli
“di fatto” (come sia possibile raggiungere concretamente questo obiettivo resta
però un mistero vista la suddetta intangibilità delle loro proprietà), si
scaglia (a parole) contro l’invasione della finanza nell’economia ma poi,oltre
ad altri “palliativi”, propone la costituzione di “quote di rappresentanza di
piccoli azionisti nelle società quotate” ovvero una parvenza di controllo
azionario delle stesse società che puntualmente gettano sul lastrico milioni di
famiglie dando via libera a licenziamenti di massa. Di più, nelle proposte del
M5S è presente non la completa ripubblicizzazione dei vari servizi sociali
largamente intesi bensì la tiepida e “pericolosa” offerta di ritornare ai
consigli di amministrazione per “limitare l’influenza dei direttori generali
delle ASL”. Grottesco!
Quest'“album di
vecchi ricordi”, adattato ai tempi nostri con tanto di retorica falsamente
antisistemica, ricorda molto qualcosa di già visto e di estremamente tragico
per la storia del nostro paese. Rilevando elementi di rimembranza poco spassosa
viene da ricordare quanto poi fu effettivamente applicato del vecchio programma
fascista presentato il 23 marzo del 1919 in piazza San Sepolcro a Milano in cui
tra l’altro vi trovavano posto punti molto più avanzati di quanto si senta dire
dagli show permanenti di Grillo. Egli, nelle sue sceniche esibizioni, non
lesina bordate allo stesso strumento sindacale di rappresentanza diretta degli
interessi dei lavoratori in quanto tale (non ponendosi contro la linea che ,di
questo, i vari dirigenti opportunisti di marca PD hanno pressoché reso
inutile), non rifiuta la scelta di capitali compartecipativi dei lavoratori nel
pacchetto azionario delle loro imprese (scelta che gli stessi minatori
dell’Alaska sul caso Parmalat o i lavoratori della stessa Enron, in passato,
hanno dovuto rimpiangere visto il fallimento delle loro aziende), e non cita
nemmeno una volta il problema dell’immigrazione su cui ,più volte, ha invece
sporto attenzione ma con accenti del tutto lugubri e assolutamente
xenofobi.
Posizioni, quindi,
che ricalcano quelle di un soggetto politico chiaro e preciso a tutti gli
effetti, da un ancoraggio sociale ben definito e radicato e dagli interessi
specifici evidenti seppur limati da un carisma geniale ben plasmato sulla
presunta totalità generale: quello della piccola e media impresa alle prese con
la crisi più devastante dell’ultima storia recente. Ma non solo. Da una parte
la speranza, quindi, di risalire la china abbattendo “i costi della politica,
le corruzioni, i drammi sociali tagliando sugli sprechi, i costi, le tasse
inutili”, dall’altra la rassicurazione verso il grande capitale che, in verità,
nulla sarà realmente messo in discussione e l’affermazione dello stesso Grillo
circa la necessità dell’esistenza del suo movimento come “argine” per un
malcontento sociale che, senza di lui, avrebbe preso “ben altri sbocchi” è
eloquente sulla stessa prospettiva del grillismo in quanto tale: contenere la
rabbia operaia e popolare esattamente come fece la lega del primo periodo ed
aprire un canale d’interlocuzione verso cui veicolare apparentemente istanze di
massa per poi tradirle ed agire per nome e per conto dei soliti noti. Non a
caso gli show di Grillo hanno come corollario diversi confronti col ramo
imprenditoriale a seconda del territorio in cui opera;l’incontro con la piccola
impresa di Treviso addirittura preceduto da una riunione a porte chiuse con un
gruppo ristretto di imprenditori, tra cui il presidente della Confartigianato
locale Mario Pozza e l’ex patròn Permasteelisa Massimo Colomban, leader di
Confapri lo ha visto proferire addirittura l’abolizione dell’Irap come estremo
regalo elettorale.
In conclusione: facendo i dovuti raffronti
storici non serve nemmeno ricordare le continue aperture di Grillo ai vari
movimenti o partiti di estrema destra oggi presenti in Italia tra cui spiccano
le affermazioni di benevolenza per il M5S da parte di Casapound Italia, ma solo
leggerne in controluce gli esiti che non tarderanno a presentare quest’ennesima
ondata populistica per quello che realmente è: un grande bluff per milioni di
lavoratori, pensionati, studenti e disoccupati del nostro paese che con ciò che
recita (è proprio il caso di dirlo) Grillo non hanno assolutamente nulla da
spartire. Il comico milionario affonda le sue radici nel vuoto più totale di
ciò che lasciano decenni passati di governi di centrodestra e centrosinistra
(con annesse ali più o meno radicali).
Il compito che spetta ai comunisti di questo
paese è scardinare anche queste illusioni e tentare ben altre vie ben sapendo
che la china da risalire è molto lunga e che il sistema, come si vede, trova
sempre abili vie d’uscita. Un sistema che va combattuto non con la retorica o
le illusioni di un comico truffatore ma con la lotta di classe che solo i
comunisti potranno condurre vittoriosa verso il socialismo.
Enrico Pellegrini
Direzione Nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori
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