Risoluzione del Segretariato Interna-zionale del Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Interna-zionale
Risoluzione del Segretariato Internazionale del
Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale
(Atene
19 dicembre 2012)
ABBASSO
L’UNIONE EUROPEA IMPERIALISTA DELL’AUSTERITÀ, DELLA DISOCCUPAZIONE, DEL
RAZZISMO E DEL CANNIBALISMO SOCIALE!
ABBASSO I GOVERNI MERKEL, MONTI, SAMARAS, RAJOY, E TUTTI I GOVERNI
CAPITALISTI!
TUTTO IL POTERE AI LAVORATORI! PER I GOVERNI DEI LAVORATORI E GLI STATI
UNITI SOCIALISTI D’EUROPA!
L’Unione Europea e la sua Eurozona sono divenuti l’epicentro della peggiore crisi capitalista della storia esplosa più di cinque anni fa, a partire dal centro stesso del sistema mondiale, gli Stati Uniti.
Il tracollo del sistema finanziario mondiale, seguito
al collasso della Lehman Brothers, il precipitare mondiale in una Grande
Depressione, l’intervento senza precedenti, ma infruttuoso, dei governi e delle
banche centrali con l’iniezione di gigantesche dosi di liquidità per salvare le
banche, hanno portato all’esplosione della crisi del debito sovrano europeo,
prima spezzando il suo primo anello più debole, la Grecia, e ora diffondendosi
e minacciando di disintegrare l’intera eurozona e l’UE stessa.
L’interminabile serie di Summit dell’UE e di pacchetti
connessi con i Memoranda di feroci misure antipopolari ha completamente fallito
il compito non solo di porre termine alla “tragedia Greca” ma anche di
prevenire il tanto temuto “contagio” dell’Europa meridionale colpendo anche lo
zoccolo duro dell’UE, Francia e Germania. Dopo Grecia, Irlanda, Portogallo, ora
Spagna e Italia, la quarta e la terza più forte potenza economica dell’Europa
continentale sono sul punto di precipitare nel medesimo abisso con conseguenze
incalcolabili per l’intera economia europea e mondiale.
L’economia
UE, compresa la sua potenza industriale, la Germania, è entrata in una
recessione, che peggiorerà nel 2013.
CROLLO
INDUSTRIALE IN EUROPA
“Con la bassa marea si vede chi nuotava nudo”. La fine
della “bolla” finanziaria e la contrazione internazionale del credito, hanno
messo in evidenza il nucleo fondamentale della bancarotta capitalista: la
sovrapproduzione di capitali e di merci. Questo è il caso dell’Italia e della
Francia, dove l’industria automobilistica, dell’acciaio, e delle costruzioni e
varie altre, sono state costrette a chiudere stabilimenti, licenziare gli
operai in massa e anche mette in discussione la continuità di numerosi polpi
internazionali. La FIAT ed il suo indotto in Italia, Peugeot e Arcelor Mittal
in Francia, affrontano una situazione estrema, in cui si pone una
riorganizzazione completa di mezzo secolo di sviluppo industriale. In Francia,
solo negli ultimi tre anni hanno chiuso i battenti 900 fabbriche. Il peso del
settore industriale nel PIL è calato dal 25 al 13%. La nazionalizzazione
dell’industria è divenuto il centro del dibattito nazionale, che per il
capitale ed il governo Hollande costituisce una manovra per riscattare i polpi.
La stampa di gala, chiede che si proceda come ha fatto Obama con GM e AIG: iniettare
fondi in maniera massiccia nelle imprese in fallimento, per produrre una
riduzione del personale su larga scala e ridurre i salari. Il CRQI chiama tutta
l’avanguardia della classe operaia di Francia e Italia a lanciare una campagna
per l’esproprio senza indennizzo dei polpi dell’industria e preparare le
condizioni per un’occupazione generale delle imprese in funzione di questo
obbiettivo. Le illusioni “keynesiane” diffuse dal “socialismo” francese si sono
sciolte come neve al sole, di fronte alla prova che aggraverebbero la crisi
globale di sovrapproduzione e porterebbero ad una guerra commerciale senza
precedenti. Al contrario, un recente articolo di Wolfgang Münchau,
editorialista di primo piano del Financial Times, avverte che la cura di
austerità imposta da Monti, minaccia di portare l’Italia ad una disintegrazione
economica completa. Per Münchau, un ritiro dell’Italia dall’euro sarebbe un
“male minore”!
Il
progetto di “unione bancaria”, dare una soluzione unificata alla crisi
finanziaria dell’Europa, ha aperto un nuovo fronte di crisi. Il presidente
della Banca di Francia ha annunciato l’intenzione di spostare la centralità del
mercato finanziario di Londra, e l’inglese Cameron ha minacciato di portare la
Gran Bretagna fuori dall’UE. Dall’altra parte, l’intenzione di convertire la
BCE nell’autorità unica che decida nei casi delle crisi bancarie è naufragata,
di fronte alla resistenza delle banche centrali nazionali. Si dimostra ancora
una volta che il tentativo di risolvere in termini capitalisti la grande
questione storica dell’unità dell’Europa, è “un’utopia reazionaria”. La Grecia
è stata costretta a ricomprare il debito pubblico, che si trova, soprattutto,
nelle mani delle banche greche, con un utile del 200%, secondo il Financial
Times, per i titolari privati.
Forze
monetarie, fiscali, economiche, finanziarie, politiche e sociali centrifughe e
centripete, tendenze contraddittorie di disintegrazione ed integrazione stanno
mettendo da parte l’iniziale progetto dell’UE. Ogni mossa per promuovere
un’ulteriore integrazione, come l’unione bancaria e fiscale per fronteggiare
gli effetti disastrosi della frammentazione finanziaria e degli squilibri tra
gli Stati membri, produce più disintegrazione. Ciò alimenta tutti gli
antagonismi nazionali ed imperialisti: tra Germania e il blocco nordista con i
paesi dell’Europa meridionale; tra la Germania e la Francia; tra la Gran
Bretagna e le potenze dell’Europa continentale ecc. Ciò sta intensificando il
processo di disintegrazione. Il ruolo egemone della Germania, ed il suo
tentativo di imporre il suo selvaggio Ordo-liberalismus in una “Germania
Europa” integrata, dominante su una serie di Protettorati UE senza alcuna traccia
di sovranità economica si scontra con gli interessi imperialistici nazionali,
con la forte resistenza popolare ed operaia, così come con i limiti storici del
capitalismo tedesco stesso. La Germania è più potente di ogni altro paese
europeo ma più debole degli altri paesi europei presi insieme. La sua economia
orientata all’esportazione è seriamente colpita dalla contrazione della domanda
in Europa e nel mercato mondiale, compresa la Cina. Una rottura dell’Eurozona o
un ritorno al marco tedesco avrebbero effetti disastrosi per il capitalismo
tedesco.
Più di vent’anni dopo l’implosione dell’Unione
Sovietica e la svolta della restaurazione capitalista dell’Europa dell’Est e
della Cina, assistiamo alla disintegrazione del blocco imperialista che avevano
creato i capitalisti europei, intorno all’asse franco-tedesco, sulla base del
trattato di Maastricht e del lancio di un’eurovaluta comune, per
“l’integrazione” degli ex stati operai nel mondo capitalista. Mentre aspettano
una via d’uscita per il capitalismo in declino, si è aperto un nuovo capitolo
della crisi del capitalismo mondiale.
LA CINA
Lo stimolo fiscale gigantesco che la Cina ha applicato
nel 2008 – 25% del PIL – non solo si è esaurito come fattore di riattivazione,
ma soprattutto ha aumentato l’eccesso di capacità industriale del paese e generato
una speculazione immobiliare dalle dimensioni e dalle caratteristiche della
“bolla” che ha prodotto la crisi dei mutui ipotecari negli Stati Uniti. La
crisi industriale in Europa è legata alla contrazione della domanda cinese, che
si manifesta anche nell’importazione di minerali, che ha colpito in maniera
molto forte anche il Brasile. La Cina è sotto la pressione di una grave crisi
sociale, come conseguenza della transizione dall’economia agraria a quella
industriale, con i metodi dell’esproprio dei contadini e dello sfruttamento dei
lavoratori senza alcun genere di protezione giuridica. La lotta dei lavoratori
percorre tutta la sua vasta geografia; si sta formando, con ritmi diversi, un
movimento operaio indipendente dallo Stato e dalla burocrazia. L’esperienza
della Comune di Wukan, che ha resistito agli espropri dei contadini e
all’assedio della polizia, per concludere con una elezione relativamente libera
dalle autorità è una metafora della tendenza alla rivoluzione politica e
sociale in Cina.
Il CRQI
sottolinea l’importanza delle rivendicazioni del lavoro in Cina; mette in
evidenza la necessità di combattere l’esproprio dei contadini mediante i metodi
della rivoluzione politica che rovescino le autorità locali e stabiliscano
comuni popolari; e chiama ad appoggiare la formazione di un movimento operaio
indipendente attraverso una forte mobilitazione della solidarietà
internazionale.
MEDIORIENTE
Alle porte dell’Europa ed in interazione con la sua
crisi c’è la crisi del mondo arabo. In Egitto la sollevazione recente contro il tentativo
del governo Morsi di imporre una Costituzione ristretta e reazionaria, ha
aperto una nuova fase della rivoluzione, che mette a nudo i limiti
dell’islamismo nel controllare le masse. Si tratta di un dato esplosivo, poiché
i Fratelli Musulmani appaiono come la pietra angolare per tutti i movimenti di
resistenza, gli shock, le crisi e le guerre civili nel mondo arabo. I Fratelli
Musulmani, hanno sostenuto, in Egitto, un governo di compromesso con l’apparato
di Mubarak, hanno il sostegno della classe capitalista e si sono trasformati
nello strumento dell’imperialismo. Nel paese che è stato il punto di partenza
della rivoluzione araba, la Tunisia, si estende ora la protesta operaia contro
il governo provvisorio islamista del Partito Ennahda. L’accordo tra i Fratelli
Musulmani e l’FMI, per la rimozione dei sussidi al consumo e dirigere le
risorse statali verso la borghesia locale, hanno reso la crisi economica
esplosiva, al punto che si sono visti costretti a ritardare la loro
applicazione di alcune settimane, di fronte al pericolo di un’insurrezione
nazionale.
Il
CRQI sostiene la lotta del popolo egiziano per la convocazione di un’Assemblea
Costituente libera e sovrana; sottolineiamo l’importanza della classe operaia
nelle rivoluzione egiziana e concludiamo che la vittoria della rivoluzione
democratica sarà possibile solamente, in un processo di rivoluzione permanente,
attraverso un governo operaio sostenuto dai poveri delle città e dai contadini
poveri.
Il
CRQI fa appello alle masse popolari della regione così come alla classe operaia
dei paesi imperialisti dell’Europa e dell’America a opporsi in maniera
intransigente agli interventi politico militari di USA, UE, e dell’imperialismo
sionista, della Turchia, dell’Arabia Saudita e del Qatar per assumere il
controllo della rivolta popolare in Siria. Fa appello ad un movimento popolare
rivoluzionario contro la tirannia di Assad politicamente indipendente
dall’imperialismo e dalla reazione locale. Facciamo appello alla lotta contro
tutti i tentativi reazionari di approfondire le divisioni etniche e settarie,
in particolare il contrasto sunnita-scita, così come contro la preparazione di
una guerra di aggressione sionista contro l’Iran. Noi lottiamo per sconfiggere
tutti questi interventi e macchinazioni, il cui obiettivo è ristabilire il
controllo imperialista sull’intero Medio Oriente sconfiggendo la rivoluzione
araba i corso.
Il
CRQI condanna la nuova aggressione sionista contro il popolo palestinese di
Gaza sotto costante assedio, e saluta la valorosa resistenza del combattenti
palestinesi. Appena l’intera struttura geopolitica, politica e sociale del
Medio Oriente è stata drammaticamente modificata dall’eruzione della Primavera
Araba rivoluzionaria, lo Stato sionista isolato è precipitato in una profonda
crisi. L’estensione dei nuovi insediamenti nella West Bank ed a Gerusalemme Est
decisa dal regime di Netanyahu non è un atto di consolidamento ma piuttosto una
fuga in avanti in preda al panico. Tuttavia, dimostra l’impossibilità della
cosiddetta “soluzione dei due stati”, e da ragione alla sola via d’uscita
progressiva da questa trappola sanguinosa per i palestinesi e gli ebrei: la
necessità storica di una Palestina unita, laica e socialista, dove il diritto
al ritorno alle proprie case di tutti i rifugiati palestinesi sia garantito e
dove le popolazioni arabe palestinesi ed arabe possano vivere in pace ed
eguaglianza. Come non mai è attuale il compito di una lotta per la costituzione
di una Federazione Socialista di tutti i popoli del Medio Oriente, compreso il
popolo Curdo, con la piena garanzia dei proprio diritto di autodeterminazione
nazionale.
AMERICA
LATINA
L’America
Latina ed i suoi governi nazionalisti non rappresentano un “modello
alternativo” che eviti la crisi o una via d’uscita da essa. L’America Latina
non è stata risparmiata dalla crisi globale, come hanno reso evidente le
recessioni del 2008-2009; i suoi governi (Messico, Brasile, Perù) hanno dovuto
essere riscattati dalla Federal Reserve, o dalla Banca di Cina (nel caso
dell’Argentina). Dopo il salvataggio, in America Latina, come in altre regioni
della periferia capitalista, la crisi capitalista si manifesta in maniera
contraddittoria, perché contrariamente a ciò che accadde nella crisi degli anni
’30, al posto di una crisi agraria passa attraverso un “boa” dei prezzi e delle
esportazioni delle materie prime. È la conseguenza della comparsa della Cina
nel mercato mondiale e dell’uso delle materie prime dell’agricoltura per
produrre biocombustibili con i sussidi statali. L’enorme rendita fondiaria
generata da questo processo, non è servita, tuttavia, all’industrializzazione
locale, ma per venire in soccorso del capitale fallito delle metropoli,
mediante la fuga di capitali. D’altra parte, ha lasciato esposta la produzione
industriale alla concorrenza straniera: ovunque è crollata la partecipazione
dell’industria al PIL. In definitiva, nella forma transitoria di un incremento
della produzione globale e del commercio, si è accentuato il parassitismo delle
economie sottosviluppate. Le borghesie nazionali hanno letteralmente sprecato
le opportunità offertegli dalla crisi mondiale per sviluppare le forze produttive
interne; perché avrebbero dovuto, come primo passo, nazionalizzare il sistema
bancario ed il commercio estero, e promuovere una rivoluzione agraria e l’unità
dell’America Latina. Gli investimenti non crescono, ed il consumo interno è
guidato da una crescente ipoteca sulle famiglie. Il Mercosur è retrocesso;
l’inflazione in dollari è cresciuta come conseguenza dell’impatto
dell’emissione monetaria della Federal Reserve e della svalutazione del
dollaro. Sono falliti i due principali progetti di integrazione – il gasdotto
continentale e il Banco del Sur. I primi sintomi di recessione della domanda
cinese stanno configurando le condizioni di una nuova crisi finanziaria.
Il ciclo dei governi nazionalisti latinoamericani si
sta esaurendo. Si succedono gli scioperi e le ribellioni giovanili lungo
l’America Latina. Il recente sciopero generale in Argentina, segnala un
processo di rottura della classe operaia con il governo kirchnerista. Il
processo per corruzione del PT del Brasile è l’ultimo colpo su un partito che
ha portato il Brasile ad un maggiore coinvolgimento con il capitale finanziario
internazionale. I limiti dei cosiddetti partiti dei lavoratori (partiti operai
centristi), come nel caso del PT, sono stati messi a nudo da molto tempo, in
quanto mezzi per l’indipendenza di classe, e hanno reso evidente il loro ruolo
confusionista e controrivoluzionario. Il CRQI dichiara che l’unità dell’America
Latina sarà possibile solamente attraverso la rivoluzione sociale. Facciamo
appello ad opporre al nazionalismo borghese l’indipendenza politica del
proletariato mediante la fusione della sinistra rivoluzionaria e del movimento
operaio che si emancipa dalla burocrazia sindacale. L’ascesa del Frente de
Izquierda y de los Trabajadores in Argentina dimostra la possibilità della
sinistra rivoluzionaria di penetrare tra le masse, compreso durante gli eventi
elettorali. Non si tratta, tuttavia, soltanto di una tattica frontista: è la
conseguenza e lo sviluppo sistematico di una politica di costruzione di un
partito rivoluzionario da parte del Partido Obrero de Argentina.
CRISI
E CRISI DI POTERE
Il
processo di disintegrazione dell’UE ha sfatato il mito di un
“ultra-imperialismo” di tipo europeo che superasse gli stati nazione e le loro
frontiere. Al contrario, gli stati nazionali europei si stanno scontrando gli
uno con gli altri, e alcuni di loro affrontano tendenze centrifughe
nazionaliste e separatiste, dalla Scozia ai Paesi Baschi alla Catalogna, dove
esistono problemi storici irrisolti e legittime richieste del diritto
all’autodeterminazione nazionale.
L’UE,
strumento dell’imperialismo europeo e del grande capitale, non può essere
riformato o convertito in una “Europa sociale” a beneficio dei lavoratori e dei
popoli d’Europa. Deve essere distrutta prima che ci sommerga nelle rovine della
sua bancarotta. Ma rompendo la prigione dell’UE, la soluzione non è il ritorno
alla camicia di forza dello stato capitalista nazionale in bancarotta bensì
lottare per una prospettiva internazionalista alternativa: la comune lotta di
tutti i lavoratori e gli oppressi d’Europa per un’unificazione socialista del
Continente, gli Stati Socialisti Uniti d’Europa, Russia compresa.
L’UE sta agonizzando in un’impasse. Il circolo vizioso
di debito – austerità - recessione - e maggiore debito produce eserciti di
milioni di disoccupati mentre il resto della popolazione è sotto il giogo di
forme più sfruttatrici di lavoro precario in condizioni di quasi servaggio. Il
panorama sociale europeo è devastato. La giovane generazione è condannata ad
una disoccupazione permanente. Salute ed educazione stanno andando i rovina. Vi
sono sfratti innumerevoli (dalle case comprate con i mutui durante la bolla
immobiliare speculativa) che producono una massa di nuovi senza casa e di nuovi
poveri. L’austerità draconiana e la precarietà del lavoro riducono
selvaggiamente salari e pensioni. La repressione statale si intensifica. La
persecuzione razzista degli immigrati e di tutte le minoranze diviene sempre
più brutale. Le gang fasciste proliferano. Le truppe d’assalto della Nazista
“Alba Dorata”, che in Grecia agiscono sistematicamente contro comunità
immigrate, ebrei, Rom, omosessuali, organizzazioni e persone di sinistra, sono
un nuovo elemento nella politica europea, non una replica del tipo di estrema
destra del Front National di Le Pen. È un segnale d’allarme per tutta l’Europa
poiché sfruttano la disperazione sociale prodotta dalla decomposizione sociale,
sono finanziati dai grandi capitalisti, sponsorizzati dai media convenzionali
borghesi, e agiscono sotto la protezione di uno stato capitalista, nelle
condizioni di un permanente “Stato di eccezione”, cercando di controllare una
crescente popolazione impoverita, rabbiosa, indignata, in altre parole,
incontrollabile da parte di un sistema parlamentare borghese screditato.
I governi borghesi, sia quelli eletti di recente come
il governo Samaras in Grecia, ed il governo Rajoy in Spagna, o quelli
“tecnocratici” come il precedente governo Papadimos in Grecia o il governo
Monti in Italia hanno fallito.
La costituzione a novembre 2011, di questi governi
“tecnocratici” non eletti, arbitrariamente imposti dall’UE è una chiara
manifestazione del declino della democrazia parlamentare borghese e dell’aperta
dichiarazione dello “Stato di eccezione”. Il tentativo dell’UE e della classe
dominante greca di mantenere al potere il governo Papadimos e rinviare le
elezioni indefinitamente, “fino al completamento del suo lavoro, l’attuazione
del Memorandum sottoscritto con la troika” ha fatto fiasco perché le resistenze
sociali minacciavano di disintegrazione i partiti che sostenevano questo
governo. Infine, le elezioni anticipate del maggio 2012 divennero inevitabili,
e durante quelle stesse inconcludenti elezioni, così come nelle elezioni del
giugno 2012, il sistema politico bipartisan dei due partiti borghesi che hanno
governato la Grecia dal 1974, Nuova Democrazia e il PASOK, si è disintegrato,
il terzo partner del governo Papadimos, il LAOS di estrema destra si è
polverizzato. Da queste elezioni e dalle rovine dei precedenti partiti
dominanti, la maggior parte delle masse si è spostata a sinistra, catapultando
la piccola coalizione riformista di sinistra Syriza alla posizione di
Opposizione Ufficiale; ma, d’altra parte, un'altra parte dell’elettorato ha
contribuito alla minacciosa ascesa della Nazista “Alba Dorata”.
In
Italia l’omologo di Papadimos, Monti, e il suo “governo tecnocratico” hanno
espresso la decomposizione della Seconda Repubblica italiana ma non hanno
offerto alcuna soluzione al deteriorarsi della crisi economica, politica e
finanziaria.
Le crisi di regime esplodono in tutta Europa partendo
dal suo Sud, dalla Grecia in rivolta contro l’odiata troika e i suoi
servizievoli governi, alla Spagna di Rajoy in tumulto.
Si
è aperto, su scala continentale, un periodo transitorio di convulsioni sociali,
crisi politiche di regime, scontri di classe, urti con la repressione statale,
così come con una crescente Estrema Destra, comprese le truppe d’assalto
fasciste, di emergenza di situazioni pre-rivoluzionarie e rivoluzionarie dove
la questione del potere si pone obiettivamente, così come l’attualità di una
lotta per dei governi dei lavoratori. La crisi è divenuta una crisi del potere
politico.
La recente ascesa elettorale della Sinistra – Syriza
in Grecia, Bildu nei Paesi Baschi, Esquera Republicana e CUP in Catalogna e
altri- manifestano senza dubbio una svolta della masse popolari alla ricerca di
una fine alle loro condizioni disastrose portando la Sinistra stessa al governo.
Sfortunatamente, diverse tendenze di sinistra traggono
conclusioni opportuniste dall’esperienza greca. Prendiamo come esempio il caso
del Bloco de Esquerda de Portugal, che ha concepito la parola d’ordine del
Governo di Sinistra in un senso puramente elettorale e parlamentare ed in
funzione di un programma che difende l’Unione Europea. Se in Grecia tale parola
d’ordine ha acquisito notorietà e forza, lo è stato perché era utilizzata dalle
masse per distruggere i partiti tradizionali e porre al primo punto dell’agenda
la deroga al memorandum di austerità. Il Bloco de Esquerda, invece, ha votato
nel parlamento portoghese il piano della troika per la Grecia.
GRECIA
Più le masse popolari volgono a sinistra più i partiti
di sinistra avvicinandosi al potere attraverso le elezioni si spostano a
destra. L’esperienza della Grecia è su questo punto molto chiara.
Sei mesi dopo le elezioni del giugno 2012, il governo
di coalizione dei tre partiti pro memorandum, Nuova Democrazia- PASOK- DIMAR
mostra sintomi di esaurimento e disintegrazione, espressi dall’espulsione di
deputati e da spaccature di ogni genere. Le resistenze sociali stanno crescendo
poiché la depressione raggiunge i livelli della Grande Depressione degli anni
’30 negli USA ed i servizi sociali, in particolare la sanità e l’istruzione
sono in rovina. Ci sono nuovi Scioperi generali e mobilitazioni di massa (il 26
Settembre, il 6/7 Novembre, il 17 novembre, il 6 dicembre), scioperi ed
occupazioni di edifici pubblici contro i licenziamenti dei dipendenti pubblici,
scioperi nella sanità e nell’istruzione, mobilitazioni contro la chiusura delle
fabbriche come quella metallurgica BIOME a Salonicco, molteplici attività di
autorganizzazione di reti sociali di solidarietà, assemblee popolari di
quartiere, attività antifasciste ecc. si discute di nuove elezioni anticipate
la prossima primavera, dove, come mostrano i sondaggi, Syriza giungerà al primo
posto, insieme alla prospettiva di un governo della Sinistra.
Syriza si è spostata negli ultimi mesi ancora più a
destra. I “pragmatisti” della sua leadership non solo dichiarano continuamente
di avere fiducia nell’UE e nell’Euro ma anche che ritengono che la parola
d’ordine del ritiro dalla NATO non è “opportuno”, nel recente conflitto tra
l’FMI e l’UE sulla sostenibilità del debito greco, sostengono l’FMI. Mentre
negli ultimi anni si è costituita un’alleanza tra Atene-Nicosia-Tel Aviv per lo
sfruttamento comune dei giacimenti di petrolio-gas nella “Zona di Sfruttamento
Esclusivo” del Mediterraneo orientale, il presidente di Syriza Tsipras è
ufficialmente ed emblematicamente per la continuità di una tale alleanza, si è
incontrato con il presidente sionista di Israele Shimon Peres in visita in
Grecia. Il nuovo programma di Syriza, sebbene rifiuti il Memorandum, accetta
nuovi negoziati sul debito estero, e un “Audit” per cancellare la sua parte
“illegittima”, non la cancellazione dell’intero debito in sé. Inoltre, Tsipras
promuove uno schema utopico totalmente reazionario per “una soluzione della
crisi del debito sovrano greco ed europeo” sulla falsariga degli accordi post
bellici del 1953 per risolvere la questione dei debiti con la Germania e per
lanciare un nuovo “Piano Marshal” in Europa – ignorando completamente la
distanza abissale che separa l’oggi dalle condizioni storiche degli anni ’50…
L’attuale crisi capitalista mondiale senza precedenti
distrugge questi illusori falsi schemi riformisti. Si pone sempre la questione
vitale: quale forza sociale, basata su quali alleanze sociali può prendere il
potere e aprire la via d’uscita dall’impasse storico?
Quelli che stanno “sopra” non possono più governare
come prima poiché le elite dominanti capitaliste degli speculatori finanziari,
dei banchieri, industriali, armatori e il loro personale politico non possono
offrire alcuna soluzione al peggioramento della devastazione sociale delle
masse ma solo maggiore devastazione. Non il popolo ma loro devono pagare per la
bancarotta del loro sistema sociale di sfruttamento.
Quelli che stanno “in basso”, lavoratori disoccupati e
occupati, pensionati, gli strati popolari impoveriti delle città e delle
campagne, e, primi fra tutti, una giovane generazione condannata dalla
bancarotta capitalista, non possono più accettare di essere governati dai loro
distruttori. Sono sempre più nelle mobilitazioni quelli che hanno una spiccata
tendenza alla rivolta sociale. Solo quelli che stanno in basso, sia attraverso
la propria autorganizzazione nei propri organi di lotta come le Assemblee
Popolari, le Reti Sociali di Solidarietà, le Squadre di Difesa Operaie, ecc,
cosi come le vecchie e nuove organizzazioni sindacali, con una propria
mobilitazione su un programma di rivendicazioni transitorie, e la prospettiva
della conquista del potere e della riorganizzazione dell’economia su nuove basi
sociali secondo i bisogni sociali della grande maggioranza e non dei profitti
di una minuscola minoranza di capitalisti, può fornire una reale via d’uscita
dalla catastrofe sociale.
Un Fronte Unico d’azione degli sfruttati, degli
oppressi, e delle loro organizzazioni è urgentemente necessario. Il ruolo
attivo di un’organizzazione politica di lotta dell’avanguardia rivoluzionaria
della classe lavoratrice in questo processo è cruciale e la sua costruzione non
può essere rinviata ad un altro momento.
PER UNA CONFERENZA INTERNAZIONALE
Il
Comitato di Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale
(CRFI) si rivolge a tutti i lavoratori in lotta ed alle organizzazioni popolari
e le collettività in Europa impegnate nelle lotte sociali, in particolare alle
loro avanguardie, cosi come alle forze della sinistra rivoluzionaria e lancia
l’appello per una Conferenza Internazionale sulla crisi in Europa per discutere
un Programma di Emergenza per resistere e sconfiggere la catastrofe sociale e
un piano di azioni comuni non controllate e libere dai “soliti” apparati
burocratici di controllo, e la costruzione di una nuova leadership
rivoluzionaria urgentemente necessaria.
Il CRFI a rispondere all’attacco degli usurai
internazionali, alla dittatura dei “mercati”, delle banche e del capitale
finanziario, attraverso la cancellazione di TUTTO il debito pubblico che rapina
e manda in rovina la vita di milioni di persone, e per l’esproprio delle banche
sotto controllo dei lavoratori.
Tutti
i piani di “austerità” da cannibalismo sociale imposti dall’UE, dalla BCE,
dall’FMI e dai governi capitalisti devono essere immediatamente arrestati. I
capitalisti devono pagare per la crisi del loro sistema di sfruttamento, non
gli sfruttati! Dobbiamo lottare per reintegrare i salari, le pensioni, ed i
diritti sociali del popolo lavoratore secondo i bisogni sociali, non per il
profitto di pochi.
Contro la disoccupazione di massa, chiamiamo alla
lotta per impedire i licenziamenti, per la distribuzione delle ore di lavoro
tra tutti i lavoratori. Lavori pubblici di costruzione di infrastrutture, che
sono in ogni caso vitali e urgentemente necessari, devono essere sviluppati per
creare nuovi posti di lavoro.
I
baroni della grande industria minacciano continuamente i lavoratori che o
accettano maggiori tagli dei salari e dei posti di lavoro o chiuderanno o
“de-localizzeranno” le proprie fabbriche all’estero; la nostra risposta dovrà
essere l’occupazione di tutte le fabbriche che chiudono o licenziano in massa i
lavoratori, per espropriarle, senza indennizzi, continuando a farle funzionare
sotto il controllo e la gestione dei lavoratori.
Il CRFI fa appello ad una lotta risoluta contro il
fascismo, il razzismo e la discriminazione di tutte le minoranze! Difende gli
immigrati e tutte le comunità di oppressi! Eguali diritti per tutti i
lavoratori, indipendentemente dal colore, dall’origine etnica o dalla
religione! I lavoratori ed i movimenti popolari devono organizzare Guardie
Operaie di Difesa contro le bande fasciste e la repressione statale.
Per
lo smantellamento dell’apparato statale borghese di repressione, della NATO e
delle basi e alleanze militari imperialiste - piena solidarietà a tutte le
lotte antimperialiste delle nazioni oppresse in Africa, Medio Oriente, Asia e
America Latina!
Per
ogni rivendicazione immediata vitale della classe lavoratrice e delle masse
popolari, il nostro grido di battaglia dovrà essere:
Abbasso tutti i governi capitalisti! Per i governi dei
lavoratori e il potere dei lavoratori!
Abbasso l’Unione Europea degli imperialisti! Per gli
Stati Socialisti Uniti d’Europa!
Atene,
19 dicembre 2012
Nessun commento:
Posta un commento
Partito Comunista dei Lavoratori - Napoli
Sezione "Rosa Luxemburg"