domenica 20 gennaio 2013

ABBASSO L’UNIONE EUROPEA IMPERIALISTA DELL’AUSTERITÀ, DELLA DISOCCUPAZIONE, DEL RAZZISMO E DEL CANNIBALISMO SOCIALE! ABBASSO I GOVERNI MERKEL, MONTI, SAMARAS, RAJOY, E TUTTI I GOVERNI CAPITALISTI! TUTTO IL POTERE AI LAVORATORI! PER I GOVERNI DEI LAVORATORI E GLI STATI UNITI SOCIALISTI D’EUROPA!


Risoluzione del Segretariato Interna-zionale del Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Interna-zionale


Risoluzione del Segretariato Internazionale del Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale

(Atene 19 dicembre 2012) 


ABBASSO L’UNIONE EUROPEA IMPERIALISTA DELL’AUSTERITÀ, DELLA DISOCCUPAZIONE, DEL RAZZISMO E DEL CANNIBALISMO SOCIALE!

ABBASSO I GOVERNI MERKEL, MONTI, SAMARAS, RAJOY, E TUTTI I GOVERNI CAPITALISTI!

TUTTO IL POTERE AI LAVORATORI! PER I GOVERNI DEI LAVORATORI E GLI STATI UNITI SOCIALISTI D’EUROPA! 



L’Unione Europea e la sua Eurozona sono divenuti l’epicentro della peggiore crisi capitalista della storia esplosa più di cinque anni fa, a partire dal centro stesso del sistema mondiale, gli Stati Uniti.
Il tracollo del sistema finanziario mondiale, seguito al collasso della Lehman Brothers, il precipitare mondiale in una Grande Depressione, l’intervento senza precedenti, ma infruttuoso, dei governi e delle banche centrali con l’iniezione di gigantesche dosi di liquidità per salvare le banche, hanno portato all’esplosione della crisi del debito sovrano europeo, prima spezzando il suo primo anello più debole, la Grecia, e ora diffondendosi e minacciando di disintegrare l’intera eurozona e l’UE stessa.
L’interminabile serie di Summit dell’UE e di pacchetti connessi con i Memoranda di feroci misure antipopolari ha completamente fallito il compito non solo di porre termine alla “tragedia Greca” ma anche di prevenire il tanto temuto “contagio” dell’Europa meridionale colpendo anche lo zoccolo duro dell’UE, Francia e Germania. Dopo Grecia, Irlanda, Portogallo, ora Spagna e Italia, la quarta e la terza più forte potenza economica dell’Europa continentale sono sul punto di precipitare nel medesimo abisso con conseguenze incalcolabili per l’intera economia europea e mondiale.
L’economia UE, compresa la sua potenza industriale, la Germania, è entrata in una recessione, che peggiorerà nel 2013.

CROLLO INDUSTRIALE IN EUROPA 

“Con la bassa marea si vede chi nuotava nudo”. La fine della “bolla” finanziaria e la contrazione internazionale del credito, hanno messo in evidenza il nucleo fondamentale della bancarotta capitalista: la sovrapproduzione di capitali e di merci. Questo è il caso dell’Italia e della Francia, dove l’industria automobilistica, dell’acciaio, e delle costruzioni e varie altre, sono state costrette a chiudere stabilimenti, licenziare gli operai in massa e anche mette in discussione la continuità di numerosi polpi internazionali. La FIAT ed il suo indotto in Italia, Peugeot e Arcelor Mittal in Francia, affrontano una situazione estrema, in cui si pone una riorganizzazione completa di mezzo secolo di sviluppo industriale. In Francia, solo negli ultimi tre anni hanno chiuso i battenti 900 fabbriche. Il peso del settore industriale nel PIL è calato dal 25 al 13%. La nazionalizzazione dell’industria è divenuto il centro del dibattito nazionale, che per il capitale ed il governo Hollande costituisce una manovra per riscattare i polpi. La stampa di gala, chiede che si proceda come ha fatto Obama con GM e AIG: iniettare fondi in maniera massiccia nelle imprese in fallimento, per produrre una riduzione del personale su larga scala e ridurre i salari. Il CRQI chiama tutta l’avanguardia della classe operaia di Francia e Italia a lanciare una campagna per l’esproprio senza indennizzo dei polpi dell’industria e preparare le condizioni per un’occupazione generale delle imprese in funzione di questo obbiettivo. Le illusioni “keynesiane” diffuse dal “socialismo” francese si sono sciolte come neve al sole, di fronte alla prova che aggraverebbero la crisi globale di sovrapproduzione e porterebbero ad una guerra commerciale senza precedenti. Al contrario, un recente articolo di Wolfgang Münchau, editorialista di primo piano del Financial Times, avverte che la cura di austerità imposta da Monti, minaccia di portare l’Italia ad una disintegrazione economica completa. Per Münchau, un ritiro dell’Italia dall’euro sarebbe un “male minore”!

Il progetto di “unione bancaria”, dare una soluzione unificata alla crisi finanziaria dell’Europa, ha aperto un nuovo fronte di crisi. Il presidente della Banca di Francia ha annunciato l’intenzione di spostare la centralità del mercato finanziario di Londra, e l’inglese Cameron ha minacciato di portare la Gran Bretagna fuori dall’UE. Dall’altra parte, l’intenzione di convertire la BCE nell’autorità unica che decida nei casi delle crisi bancarie è naufragata, di fronte alla resistenza delle banche centrali nazionali. Si dimostra ancora una volta che il tentativo di risolvere in termini capitalisti la grande questione storica dell’unità dell’Europa, è “un’utopia reazionaria”. La Grecia è stata costretta a ricomprare il debito pubblico, che si trova, soprattutto, nelle mani delle banche greche, con un utile del 200%, secondo il Financial Times, per i titolari privati.
Forze monetarie, fiscali, economiche, finanziarie, politiche e sociali centrifughe e centripete, tendenze contraddittorie di disintegrazione ed integrazione stanno mettendo da parte l’iniziale progetto dell’UE. Ogni mossa per promuovere un’ulteriore integrazione, come l’unione bancaria e fiscale per fronteggiare gli effetti disastrosi della frammentazione finanziaria e degli squilibri tra gli Stati membri, produce più disintegrazione. Ciò alimenta tutti gli antagonismi nazionali ed imperialisti: tra Germania e il blocco nordista con i paesi dell’Europa meridionale; tra la Germania e la Francia; tra la Gran Bretagna e le potenze dell’Europa continentale ecc. Ciò sta intensificando il processo di disintegrazione.  Il ruolo egemone della Germania, ed il suo tentativo di imporre il suo selvaggio Ordo-liberalismus in una “Germania Europa” integrata, dominante su una serie di Protettorati UE senza alcuna traccia di sovranità economica si scontra con gli interessi imperialistici nazionali, con la forte resistenza popolare ed operaia, così come con i limiti storici del capitalismo tedesco stesso. La Germania è più potente di ogni altro paese europeo ma più debole degli altri paesi europei presi insieme. La sua economia orientata all’esportazione è seriamente colpita dalla contrazione della domanda in Europa e nel mercato mondiale, compresa la Cina. Una rottura dell’Eurozona o un ritorno al marco tedesco avrebbero effetti disastrosi per il capitalismo tedesco. 

Più di vent’anni dopo l’implosione dell’Unione Sovietica e la svolta della restaurazione capitalista dell’Europa dell’Est e della Cina, assistiamo alla disintegrazione del blocco imperialista che avevano creato i capitalisti europei, intorno all’asse franco-tedesco, sulla base del trattato di Maastricht e del lancio di un’eurovaluta comune, per “l’integrazione” degli ex stati operai nel mondo capitalista. Mentre aspettano una via d’uscita per il capitalismo in declino, si è aperto un nuovo capitolo della crisi del capitalismo mondiale.

LA CINA 

Lo stimolo fiscale gigantesco che la Cina ha applicato nel 2008 – 25% del PIL – non solo si è esaurito come fattore di riattivazione, ma soprattutto ha aumentato l’eccesso di capacità industriale del paese e generato una speculazione immobiliare dalle dimensioni e dalle caratteristiche della “bolla” che ha prodotto la crisi dei mutui ipotecari negli Stati Uniti. La crisi industriale in Europa è legata alla contrazione della domanda cinese, che si manifesta anche nell’importazione di minerali, che ha colpito in maniera molto forte anche il Brasile. La Cina è sotto la pressione di una grave crisi sociale, come conseguenza della transizione dall’economia agraria a quella industriale, con i metodi dell’esproprio dei contadini e dello sfruttamento dei lavoratori senza alcun genere di protezione giuridica. La lotta dei lavoratori percorre tutta la sua vasta geografia; si sta formando, con ritmi diversi, un movimento operaio indipendente dallo Stato e dalla burocrazia. L’esperienza della Comune di Wukan, che ha resistito agli espropri dei contadini e all’assedio della polizia, per concludere con una elezione relativamente libera dalle autorità è una metafora della tendenza alla rivoluzione politica e sociale in Cina.

Il CRQI sottolinea l’importanza delle rivendicazioni del lavoro in Cina; mette in evidenza la necessità di combattere l’esproprio dei contadini mediante i metodi della rivoluzione politica che rovescino le autorità locali e stabiliscano comuni popolari; e chiama ad appoggiare la formazione di un movimento operaio indipendente attraverso una forte mobilitazione della solidarietà internazionale.

MEDIORIENTE 

Alle porte dell’Europa ed in interazione con la sua crisi c’è la crisi del mondo arabo. In Egitto la sollevazione recente contro il tentativo del governo Morsi di imporre una Costituzione ristretta e reazionaria, ha aperto una nuova fase della rivoluzione, che mette a nudo i limiti dell’islamismo nel controllare le masse. Si tratta di un dato esplosivo, poiché i Fratelli Musulmani appaiono come la pietra angolare per tutti i movimenti di resistenza, gli shock, le crisi e le guerre civili nel mondo arabo. I Fratelli Musulmani, hanno sostenuto, in Egitto, un governo di compromesso con l’apparato di Mubarak, hanno il sostegno della classe capitalista e si sono trasformati nello strumento dell’imperialismo. Nel paese che è stato il punto di partenza della rivoluzione araba, la Tunisia, si estende ora la protesta operaia contro il governo provvisorio islamista del Partito Ennahda. L’accordo tra i Fratelli Musulmani e l’FMI, per la rimozione dei sussidi al consumo e dirigere le risorse statali verso la borghesia locale, hanno reso la crisi economica esplosiva, al punto che si sono visti costretti a ritardare la loro applicazione di alcune settimane, di fronte al pericolo di un’insurrezione nazionale.
Il CRQI sostiene la lotta del popolo egiziano per la convocazione di un’Assemblea Costituente libera e sovrana; sottolineiamo l’importanza della classe operaia nelle rivoluzione egiziana e concludiamo che la vittoria della rivoluzione democratica sarà possibile solamente, in un processo di rivoluzione permanente, attraverso un governo operaio sostenuto dai poveri delle città e dai contadini poveri.  
Il CRQI fa appello alle masse popolari della regione così come alla classe operaia dei paesi imperialisti dell’Europa e dell’America a opporsi in maniera intransigente agli interventi politico militari di USA, UE, e dell’imperialismo sionista, della Turchia, dell’Arabia Saudita e del Qatar per assumere il controllo della rivolta popolare in Siria. Fa appello ad un movimento popolare rivoluzionario contro la tirannia di Assad politicamente indipendente dall’imperialismo e dalla reazione locale. Facciamo appello alla lotta contro tutti i tentativi reazionari di approfondire le divisioni etniche e settarie, in particolare il contrasto sunnita-scita, così come contro la preparazione di una guerra di aggressione sionista contro l’Iran. Noi lottiamo per sconfiggere tutti questi interventi e macchinazioni, il cui obiettivo è ristabilire il controllo imperialista sull’intero Medio Oriente sconfiggendo la rivoluzione araba i corso. 
Il CRQI condanna la nuova aggressione sionista contro il popolo palestinese di Gaza sotto costante assedio, e saluta la valorosa resistenza del combattenti palestinesi. Appena l’intera struttura geopolitica, politica e sociale del Medio Oriente è stata drammaticamente modificata dall’eruzione della Primavera Araba rivoluzionaria, lo Stato sionista isolato è precipitato in una profonda crisi. L’estensione dei nuovi insediamenti nella West Bank ed a Gerusalemme Est decisa dal regime di Netanyahu non è un atto di consolidamento ma piuttosto una fuga in avanti in preda al panico. Tuttavia, dimostra l’impossibilità della cosiddetta “soluzione dei due stati”, e da ragione alla sola via d’uscita progressiva da questa trappola sanguinosa per i palestinesi e gli ebrei: la necessità storica di una Palestina unita, laica e socialista, dove il diritto al ritorno alle proprie case di tutti i rifugiati palestinesi sia garantito e dove le popolazioni arabe palestinesi ed arabe possano vivere in pace ed eguaglianza. Come non mai è attuale il compito di una lotta per la costituzione di una Federazione Socialista di tutti i popoli del Medio Oriente, compreso il popolo Curdo, con la piena garanzia dei proprio diritto di autodeterminazione nazionale.

AMERICA LATINA 

L’America Latina ed i suoi governi nazionalisti non rappresentano un “modello alternativo” che eviti la crisi o una via d’uscita da essa. L’America Latina non è stata risparmiata dalla crisi globale, come hanno reso evidente le recessioni del 2008-2009; i suoi governi (Messico, Brasile, Perù) hanno dovuto essere riscattati dalla Federal Reserve, o dalla Banca di Cina (nel caso dell’Argentina). Dopo il salvataggio, in America Latina, come in altre regioni della periferia capitalista, la crisi capitalista si manifesta in maniera contraddittoria, perché contrariamente a ciò che accadde nella crisi degli anni ’30, al posto di una crisi agraria passa attraverso un “boa” dei prezzi e delle esportazioni delle materie prime. È la conseguenza della comparsa della Cina nel mercato mondiale e dell’uso delle materie prime dell’agricoltura per produrre biocombustibili con i sussidi statali. L’enorme rendita fondiaria generata da questo processo, non è servita, tuttavia, all’industrializzazione locale, ma per venire in soccorso del capitale fallito delle metropoli, mediante la fuga di capitali. D’altra parte, ha lasciato esposta la produzione industriale alla concorrenza straniera: ovunque è crollata la partecipazione dell’industria al PIL. In definitiva, nella forma transitoria di un incremento della produzione globale e del commercio, si è accentuato il parassitismo delle economie sottosviluppate. Le borghesie nazionali hanno letteralmente sprecato le opportunità offertegli dalla crisi mondiale per sviluppare le forze produttive interne; perché avrebbero dovuto, come primo passo, nazionalizzare il sistema bancario ed il commercio estero, e promuovere una rivoluzione agraria e l’unità dell’America Latina. Gli investimenti non crescono, ed il consumo interno è guidato da una crescente ipoteca sulle famiglie. Il Mercosur è retrocesso; l’inflazione in dollari è cresciuta come conseguenza dell’impatto dell’emissione monetaria della Federal Reserve e della svalutazione del dollaro. Sono falliti i due principali progetti di integrazione – il gasdotto continentale e il Banco del Sur. I primi sintomi di recessione della domanda cinese stanno configurando le condizioni di una nuova crisi finanziaria.

Il ciclo dei governi nazionalisti latinoamericani si sta esaurendo. Si succedono gli scioperi e le ribellioni giovanili lungo l’America Latina. Il recente sciopero generale in Argentina, segnala un processo di rottura della classe operaia con il governo kirchnerista. Il processo per corruzione del PT del Brasile è l’ultimo colpo su un partito che ha portato il Brasile ad un maggiore coinvolgimento con il capitale finanziario internazionale. I limiti dei cosiddetti partiti dei lavoratori (partiti operai centristi), come nel caso del PT, sono stati messi a nudo da molto tempo, in quanto mezzi per l’indipendenza di classe, e hanno reso evidente il loro ruolo confusionista e controrivoluzionario. Il CRQI dichiara che l’unità dell’America Latina sarà possibile solamente attraverso la rivoluzione sociale. Facciamo appello ad opporre al nazionalismo borghese l’indipendenza politica del proletariato mediante la fusione della sinistra rivoluzionaria e del movimento operaio che si emancipa dalla burocrazia sindacale. L’ascesa del Frente de Izquierda y de los Trabajadores in Argentina dimostra la possibilità della sinistra rivoluzionaria di penetrare tra le masse, compreso durante gli eventi elettorali. Non si tratta, tuttavia, soltanto di una tattica frontista: è la conseguenza e lo sviluppo sistematico di una politica di costruzione di un partito rivoluzionario da parte del Partido Obrero de Argentina.


CRISI E CRISI DI POTERE 

Il processo di disintegrazione dell’UE ha sfatato il mito di un “ultra-imperialismo” di tipo europeo che superasse gli stati nazione e le loro frontiere. Al contrario, gli stati nazionali europei si stanno scontrando gli uno con gli altri, e alcuni di loro affrontano tendenze centrifughe nazionaliste e separatiste, dalla Scozia ai Paesi Baschi alla Catalogna, dove esistono problemi storici irrisolti e legittime richieste del diritto all’autodeterminazione nazionale. 
L’UE, strumento dell’imperialismo europeo e del grande capitale, non può essere riformato o convertito in una “Europa sociale” a beneficio dei lavoratori e dei popoli d’Europa. Deve essere distrutta prima che ci sommerga nelle rovine della sua bancarotta. Ma rompendo la prigione dell’UE, la soluzione non è il ritorno alla camicia di forza dello stato capitalista nazionale in bancarotta bensì lottare per una prospettiva internazionalista alternativa: la comune lotta di tutti i lavoratori e gli oppressi d’Europa per un’unificazione socialista del Continente, gli Stati Socialisti Uniti d’Europa, Russia compresa.

L’UE sta agonizzando in un’impasse. Il circolo vizioso di debito – austerità - recessione - e maggiore debito produce eserciti di milioni di disoccupati mentre il resto della popolazione è sotto il giogo di forme più sfruttatrici di lavoro precario in condizioni di quasi servaggio. Il panorama sociale europeo è devastato. La giovane generazione è condannata ad una disoccupazione permanente. Salute ed educazione stanno andando i rovina. Vi sono sfratti innumerevoli (dalle case comprate con i mutui durante la bolla immobiliare speculativa) che producono una massa di nuovi senza casa e di nuovi poveri. L’austerità draconiana e la precarietà del lavoro riducono selvaggiamente salari e pensioni. La repressione statale si intensifica. La persecuzione razzista degli immigrati e di tutte le minoranze diviene sempre più brutale. Le gang fasciste proliferano. Le truppe d’assalto della Nazista “Alba Dorata”, che in Grecia agiscono sistematicamente contro comunità immigrate, ebrei, Rom, omosessuali, organizzazioni e persone di sinistra, sono un nuovo elemento nella politica europea, non una replica del tipo di estrema destra del Front National di Le Pen. È un segnale d’allarme per tutta l’Europa poiché sfruttano la disperazione sociale prodotta dalla decomposizione sociale, sono finanziati dai grandi capitalisti, sponsorizzati dai media convenzionali borghesi, e agiscono sotto la protezione di uno stato capitalista, nelle condizioni di un permanente “Stato di eccezione”, cercando di controllare una crescente popolazione impoverita, rabbiosa, indignata, in altre parole, incontrollabile da parte di un sistema parlamentare borghese screditato.

I governi borghesi, sia quelli eletti di recente come il governo Samaras in Grecia, ed il governo Rajoy in Spagna, o quelli “tecnocratici” come il precedente governo Papadimos in Grecia o il governo Monti in Italia hanno fallito.
La costituzione a novembre 2011, di questi governi “tecnocratici” non eletti, arbitrariamente imposti dall’UE è una chiara manifestazione del declino della democrazia parlamentare borghese e dell’aperta dichiarazione dello “Stato di eccezione”. Il tentativo dell’UE e della classe dominante greca di mantenere al potere il governo Papadimos e rinviare le elezioni indefinitamente, “fino al completamento del suo lavoro, l’attuazione del Memorandum sottoscritto con la troika” ha fatto fiasco perché le resistenze sociali minacciavano di disintegrazione i partiti che sostenevano questo governo. Infine, le elezioni anticipate del maggio 2012 divennero inevitabili, e durante quelle stesse inconcludenti elezioni, così come nelle elezioni del giugno 2012, il sistema politico bipartisan dei due partiti borghesi che hanno governato la Grecia dal 1974, Nuova Democrazia e il PASOK, si è disintegrato, il terzo partner del governo Papadimos, il LAOS di estrema destra si è polverizzato. Da queste elezioni e dalle rovine dei precedenti partiti dominanti, la maggior parte delle masse si è spostata a sinistra, catapultando la piccola coalizione riformista di sinistra Syriza alla posizione di Opposizione Ufficiale; ma, d’altra parte, un'altra parte dell’elettorato ha contribuito alla minacciosa ascesa della Nazista “Alba Dorata”.
In Italia l’omologo di Papadimos, Monti, e il suo “governo tecnocratico” hanno espresso la decomposizione della Seconda Repubblica italiana ma non hanno offerto alcuna soluzione al deteriorarsi della crisi economica, politica e finanziaria.

Le crisi di regime esplodono in tutta Europa partendo dal suo Sud, dalla Grecia in rivolta contro l’odiata troika e i suoi servizievoli governi, alla Spagna di Rajoy in tumulto.

Si è aperto, su scala continentale, un periodo transitorio di convulsioni sociali, crisi politiche di regime, scontri di classe, urti con la repressione statale, così come con una crescente Estrema Destra, comprese le truppe d’assalto fasciste, di emergenza di situazioni pre-rivoluzionarie e rivoluzionarie dove la questione del potere si pone obiettivamente, così come l’attualità di una lotta per dei governi dei lavoratori. La crisi è divenuta una crisi del potere politico.

La recente ascesa elettorale della Sinistra – Syriza in Grecia, Bildu nei Paesi Baschi, Esquera Republicana e CUP in Catalogna e altri- manifestano senza dubbio una svolta della masse popolari alla ricerca di una fine alle loro condizioni disastrose portando la Sinistra stessa al governo.

Sfortunatamente, diverse tendenze di sinistra traggono conclusioni opportuniste dall’esperienza greca. Prendiamo come esempio il caso del Bloco de Esquerda de Portugal, che ha concepito la parola d’ordine del Governo di Sinistra in un senso puramente elettorale e parlamentare ed in funzione di un programma che difende l’Unione Europea. Se in Grecia tale parola d’ordine ha acquisito notorietà e forza, lo è stato perché era utilizzata dalle masse per distruggere i partiti tradizionali e porre al primo punto dell’agenda la deroga al memorandum di austerità. Il Bloco de Esquerda, invece, ha votato nel parlamento portoghese il piano della troika per la Grecia.

GRECIA

Più le masse popolari volgono a sinistra più i partiti di sinistra avvicinandosi al potere attraverso le elezioni si spostano a destra. L’esperienza della Grecia è su questo punto molto chiara.

Sei mesi dopo le elezioni del giugno 2012, il governo di coalizione dei tre partiti pro memorandum, Nuova Democrazia- PASOK- DIMAR mostra sintomi di esaurimento e disintegrazione, espressi dall’espulsione di deputati e da spaccature di ogni genere. Le resistenze sociali stanno crescendo poiché la depressione raggiunge i livelli della Grande Depressione degli anni ’30 negli USA ed i servizi sociali, in particolare la sanità e l’istruzione sono in rovina. Ci sono nuovi Scioperi generali e mobilitazioni di massa (il 26 Settembre, il 6/7 Novembre, il 17 novembre, il 6 dicembre), scioperi ed occupazioni di edifici pubblici contro i licenziamenti dei dipendenti pubblici, scioperi nella sanità e nell’istruzione, mobilitazioni contro la chiusura delle fabbriche come quella metallurgica BIOME a Salonicco, molteplici attività di autorganizzazione di reti sociali di solidarietà, assemblee popolari di quartiere, attività antifasciste ecc. si discute di nuove elezioni anticipate la prossima primavera, dove, come mostrano i sondaggi, Syriza giungerà al primo posto, insieme alla prospettiva di un governo della Sinistra.
Syriza si è spostata negli ultimi mesi ancora più a destra. I “pragmatisti” della sua leadership non solo dichiarano continuamente di avere fiducia nell’UE e nell’Euro ma anche che ritengono che la parola d’ordine del ritiro dalla NATO non è “opportuno”, nel recente conflitto tra l’FMI e l’UE sulla sostenibilità del debito greco, sostengono l’FMI. Mentre negli ultimi anni si è costituita un’alleanza tra Atene-Nicosia-Tel Aviv per lo sfruttamento comune dei giacimenti di petrolio-gas nella “Zona di Sfruttamento Esclusivo” del Mediterraneo orientale, il presidente di Syriza Tsipras è ufficialmente ed emblematicamente per la continuità di una tale alleanza, si è incontrato con il presidente sionista di Israele Shimon Peres in visita in Grecia. Il nuovo programma di Syriza, sebbene rifiuti il Memorandum, accetta nuovi negoziati sul debito estero, e un “Audit” per cancellare la sua parte “illegittima”, non la cancellazione dell’intero debito in sé. Inoltre, Tsipras promuove uno schema utopico totalmente reazionario per “una soluzione della crisi del debito sovrano greco ed europeo” sulla falsariga degli accordi post bellici del 1953 per risolvere la questione dei debiti con la Germania e per lanciare un nuovo “Piano Marshal” in Europa – ignorando completamente la distanza abissale che separa l’oggi dalle condizioni storiche degli anni ’50…
L’attuale crisi capitalista mondiale senza precedenti distrugge questi illusori falsi schemi riformisti. Si pone sempre la questione vitale: quale forza sociale, basata su quali alleanze sociali può prendere il potere e aprire la via d’uscita dall’impasse storico?


Quelli che stanno “sopra” non possono più governare come prima poiché le elite dominanti capitaliste degli speculatori finanziari, dei banchieri, industriali, armatori e il loro personale politico non possono offrire alcuna soluzione al peggioramento della devastazione sociale delle masse ma solo maggiore devastazione. Non il popolo ma loro devono pagare per la bancarotta del loro sistema sociale di sfruttamento.

Quelli che stanno “in basso”, lavoratori disoccupati e occupati, pensionati, gli strati popolari impoveriti delle città e delle campagne, e, primi fra tutti, una giovane generazione condannata dalla bancarotta capitalista, non possono più accettare di essere governati dai loro distruttori. Sono sempre più nelle mobilitazioni quelli che hanno una spiccata tendenza alla rivolta sociale. Solo quelli che stanno in basso, sia attraverso la propria autorganizzazione nei propri organi di lotta come le Assemblee Popolari, le Reti Sociali di Solidarietà, le Squadre di Difesa Operaie, ecc, cosi come le vecchie e nuove organizzazioni sindacali, con una propria mobilitazione su un programma di rivendicazioni transitorie, e la prospettiva della conquista del potere e della riorganizzazione dell’economia su nuove basi sociali secondo i bisogni sociali della grande maggioranza e non dei profitti di una minuscola minoranza di capitalisti, può fornire una reale via d’uscita dalla catastrofe sociale.
Un Fronte Unico d’azione degli sfruttati, degli oppressi, e delle loro organizzazioni è urgentemente necessario. Il ruolo attivo di un’organizzazione politica di lotta dell’avanguardia rivoluzionaria della classe lavoratrice in questo processo è cruciale e la sua costruzione non può essere rinviata ad un altro momento.

PER UNA CONFERENZA INTERNAZIONALE 

Il Comitato di Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale (CRFI) si rivolge a tutti i lavoratori in lotta ed alle organizzazioni popolari e le collettività in Europa impegnate nelle lotte sociali, in particolare alle loro avanguardie, cosi come alle forze della sinistra rivoluzionaria e lancia l’appello per una Conferenza Internazionale sulla crisi in Europa per discutere un Programma di Emergenza per resistere e sconfiggere la catastrofe sociale e un piano di azioni comuni non controllate e libere dai “soliti” apparati burocratici di controllo, e la costruzione di una nuova leadership rivoluzionaria urgentemente necessaria.

Il CRFI a rispondere all’attacco degli usurai internazionali, alla dittatura dei “mercati”, delle banche e del capitale finanziario, attraverso la cancellazione di TUTTO il debito pubblico che rapina e manda in rovina la vita di milioni di persone, e per l’esproprio delle banche sotto controllo dei lavoratori.

Tutti i piani di “austerità” da cannibalismo sociale imposti dall’UE, dalla BCE, dall’FMI e dai governi capitalisti devono essere immediatamente arrestati. I capitalisti devono pagare per la crisi del loro sistema di sfruttamento, non gli sfruttati! Dobbiamo lottare per reintegrare i salari, le pensioni, ed i diritti sociali del popolo lavoratore secondo i bisogni sociali, non per il profitto di pochi.

Contro la disoccupazione di massa, chiamiamo alla lotta per impedire i licenziamenti, per la distribuzione delle ore di lavoro tra tutti i lavoratori. Lavori pubblici di costruzione di infrastrutture, che sono in ogni caso vitali e urgentemente necessari, devono essere sviluppati per creare nuovi posti di lavoro.

I baroni della grande industria minacciano continuamente i lavoratori che o accettano maggiori tagli dei salari e dei posti di lavoro o chiuderanno o “de-localizzeranno” le proprie fabbriche all’estero; la nostra risposta dovrà essere l’occupazione di tutte le fabbriche che chiudono o licenziano in massa i lavoratori, per espropriarle, senza indennizzi, continuando a farle funzionare sotto il controllo e la gestione dei lavoratori.

Il CRFI fa appello ad una lotta risoluta contro il fascismo, il razzismo e la discriminazione di tutte le minoranze! Difende gli immigrati e tutte le comunità di oppressi! Eguali diritti per tutti i lavoratori, indipendentemente dal colore, dall’origine etnica o dalla religione! I lavoratori ed i movimenti popolari devono organizzare Guardie Operaie di Difesa contro le bande fasciste e la repressione statale.

Per lo smantellamento dell’apparato statale borghese di repressione, della NATO e delle basi e alleanze militari imperialiste - piena solidarietà a tutte le lotte antimperialiste delle nazioni oppresse in Africa, Medio Oriente, Asia e America Latina!
Per ogni rivendicazione immediata vitale della classe lavoratrice e delle masse popolari, il nostro grido di battaglia dovrà essere:

Abbasso tutti i governi capitalisti! Per i governi dei lavoratori e il potere dei lavoratori!

Abbasso l’Unione Europea degli imperialisti! Per gli Stati Socialisti Uniti d’Europa!


Atene, 19 dicembre 2012


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