Così, nell’ultima settimana, ai circa 600 arresti di palestinesi residenti in Cisgiordania (inclusi parlamentari), ai circa dieci morti (tra cui due ragazzini) che le operazioni di rastrellamento dei quartieri di Hebron avvenute dopo il rapimento hanno lasciato sul terreno, alle occupazioni militari delle già ridottissime aree a maggioranza araba, alla ignobile demolizione delle abitazioni palestinesi, sono subito seguiti incessanti raid aerei su villaggi, città, perfino campi profughi. E l’obiettivo principale torna ad essere la riconquista della striscia di Gaza (non a caso Lieberman ne richiede senza pudore la ri-occupazione militare), che ha già subito una cinquantina di raid aerei negli ultimi giorni. Mentre feroci coloni si prodigano in ogni tipo di angheria nei confronti dei loro “vicini” arabi, fino ad arrivare alla brutale uccisione di un sedicenne palestinese (bruciato vivo!), Mohammed Abu Khdeir, nel campo profughi di Shuaffat (la cui foto, a differenza degli studenti ebrei, non ha meritato le prime pagine dei giornali, la cui morte non ha suscitato dichiarazioni di cordoglio di intellettuali, personalità internazionali del mondo politico o della cultura, e tantomeno un funerale in diretta TV).
Ma di fronte alla barbarie dell’opera combinata di militari e coloni, alla visione continua di palestinesi aggrediti per le strade e case date alle fiamme, la popolazione ha reagito, ingaggiando duri scontri in diverse città. A Gerusalemme est e a Beit Hanina (in prossimità del campo profughi di Shuaffat) giovani palestinesi hanno fronteggiato le forze di sicurezza israeliane per l’intera giornata mercoledì (con l’inevitabile pesante bilancio di feriti… da proiettili di acciaio rivestiti di gomma). Anche i funerali del giovane palestinese, svoltisi venerdì, sono precipitati in duri scontri dopo i molteplici divieti del governo israeliano che hanno trasformato le esequie in un percorso ad ostacoli. Inoltre, a Gerusalemme ovest, si sono finalmente rivisti centinaia di attivisti della sinistra di movimento israeliana che hanno manifestato contro il razzismo dello stato sionista.
Per fortuna, è invece ancora vivo il sentimento di solidarietà internazionale nei confronti del martoriato popolo palestinese. Anche a Napoli già nella giornata di sabato 5 luglio si è tenuto un primo presidio di solidarietà in una delle piazze principali (p.zza S. Domenico Maggiore) del centro storico. Un’iniziativa, ovviamente sostenuta dalla sezione napoletana del PCL, che ha visto la partecipazione di diverse aree studentesche e di movimento. Anche in tale occasione la principale esigenza manifestata è sta quella di tenere costantemente “accesi i riflettori” sulla realtà mediorientale e sul regime di pura “apartheid” che il popolo palestinese è costretto a subire dalla metà del secolo scorso.
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Il governo sionista non ha perso un attimo dopo il ritrovamento ad Hebron dei cadaveri dei tre studenti ebrei rapiti quasi un mese fa. Il premier Nethanyahu e il ministro degli esteri ultranazionalista Lieberman hanno subito volto a proprio favore l’uccisione dei tre adolescenti, che come tutti gli atti di terrorismo nei confronti della popolazione civile, resta un atto crudele e sbagliato, nonché dannoso per la stessa causa palestinese. Ma la reazione che si è scatenata da parte di Israele ha seguito come al solito i dettami della “punizione collettiva”.
Ma è proprio la sinistra a dover riconquistare un nuovo protagonismo nella difesa senza indugi del martoriato popolo palestinese. Sono imbarazzanti, invece, i balbettii della sinistra riformista, italiana e internazionale, da sempre subalterna culturalmente all'opzione-farsa “Due popoli, due Stati”.
E sulla questione mediorientale, il Partito Comunista dei Lavoratori, senza tentennamenti:
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sostiene il diritto di autodifesa delle azioni di protesta a fianco dei palestinesi contro ogni aggressione squadrista/sionista;
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denuncia la natura reazionaria del sionismo, che calpesta la migliore tradizione democratica del popolo ebraico;
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rivendica il diritto al ritorno dei palestinesi nella propria terra, da cui furono cacciati col più spietato terrore: e quindi la dissoluzione, per via rivoluzionaria, dello stato sionista d'Israele, della sua potenza militare, dei suoi fondamenti giuridici confessionali e razziali (negazione del diritto al ritorno dei palestinesi; discriminazione giuridica degli arabi all'interno dello stesso Stato di Israele; diritto all'espansionismo permanente ebraico in Palestina attraverso l'automatica cittadinanza israeliana ad ogni ebreo che ne faccia richiesta; pratica sempre più ampia degli insediamenti coloniali nelle terre occupate; negazione dei diritti più elementari di terra, acqua, casa, per i palestinesi dei territori e dei campi profughi);
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Lotta per uno Stato Palestinese laico, democratico, socialista, rispettoso e garante dei diritti della minoranza ebraica, dentro una Federazione socialista araba e del Medio Oriente.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI- SEZ. NAPOLI